mercoledì 25 luglio 2012

Villa Valguarnera di Niscemi


La storia 
Spesso, a Palermo, si sente parlare di Villa Niscemi. Ma quale storia sta dietro questo grande esempio di patrimonio culturale?
Rievocata da Fulco della Cerda, duca di Verdura, nella sua raccolta autobiografica di memorie dal titolo “Estati felici”, è noto che la villa risale a circa 4 secoli fa ed ebbe origine da una torre di guardia situata in vista della città.
Facciata principale
Qualche particolare ci suggerisce che essa derivi dalla trasformazione di un baglio agricolo, detto “Baglio Della Balata”, costruito nel ‘600 attorno ad una torre di difesa, con mura poste nell’angolo nord-occidentale, edificato lungo “la trazzera” che conduceva al Salto dello Schiavo di Monte Pellegrino.
Il fondo agricolo appartenne, fino alla metà del ‘600 a Carlo Santangelo che, nel 1664, lo lasciò in eredità alla figlia Maria; da quest’ultima passò a Martino Morso. All’inizio del XVIII sec. la tenuta fu acquistata dal duca delle Grotte, Tommaso Sanfilippo, il quale realizzò le prime costruzioni intorno al vecchio Baglio.
In seguito, la villa passò in dote alla nipote Marianna La Grua Sanfilippo dei principi di Carini, e al marito Vitale Valguarnera Branciaforte, principe di Niscemi, che tra il 1730 ed il 1750 trasformarono il baglio in residenza.
La Villa era al centro di un grosso feudo che, partendo da Villa Airoldi, si estendeva sino alle falde di Monte Pellegrino: esso fu in parte espropriato nel 1799 per costituire il parco Reale della Favorita.
Dopo il 1875, la villa divenne dimora stabile del principe Corrado Valguarnera Tomasi e della moglie, principessa Maria Favara Caminneci i quali hanno ispirato rispettivamente il personaggio di Tancredi e di Angelica del celebre romanzo “Il Gattopardo” di G.Tomasi di Lampedusa.
La villa fu abitata fino a qualche decennio or sono dai discendenti della famiglia i quali però, nel 1987 la vendettero al comune di Palermo che la fece diventare sede di rappresentanza del sindaco.
La descrizione degli esterni
Per quanto riguarda la descrizione esterna della Villa, possiamo subito notare una facciata di enorme compostezza architettonica, priva però, del caratteristico scalone presente in tutte le altre Ville del stesso periodo. Sia i balconi che le finestre sono decorate da bordi e cornici. Dalle estremità sorgono due avancorpi con funzione di terrazze a livello del piano nobile, forse aggiunte in epoca successiva.
Il lato più antico è l’ala sinistra, ciò quella rivolta verso l’ingresso, alla cui estremità si trova inglobata l’antica torre.
La vecchia torre inglobata nel corpo della villa
Questo lato presenta ancora balconi a petto d’oca che originariamente saranno stati eguali anche sulla facciata, come pure gli intonaci del tempo, color zafferano.
Intorno alla fine del 700, gli esterni subirono una grande trasformazione e la proprietà si ridusse a quei quattro ettari che ne costituiscono l’attuale consistenza. Nel tempo, venendo meno l’importanza agricola dei terreni, venne impiantato un grande parco che ancora oggi fa da cornice alla villa.

A destra dell’edificio è l’accesso al parco della Favorita (che fu concesso per privilegio da re Ferdinando) mentre sul fronte meridionale si stende la floretta, delimitata da un muro ellittico, con fontana parietale a rocaille e coffee-house; da qui parte il viale sinuoso del parco, con giardino esotico e  viali liberi che conserva molte specie subtropicali tra cui ficus, palme , yucche e dracene e dove è collocato un laghetto.
Infine, a settentrione del viale d’accesso, vi è un agrumeto con viali radiali.
L' interno
Al primo piano sono i saloni di rappresentanza e gli appartamenti. Vi si accede tramite una scala in marmo che conduce direttamente al primo salone, chiamato “Galleria dei Re di Sicilia” o delle armi. Esso è decorato da un grande camino, realizzato nel 1883 in pietra di Cinisi dallo scultore Vincenzo La Parola e alle pareti è appesa un’interessante raccolta di ritratti dei re di Sicilia che conferisce all’ambiente l’aspetto di un antico maniero;  oltre al tavolo centrale, la sala ospita alcune portantine del XVIII secolo.
Galleria dei Re di Sicilia
Da esso si accede alla biblioteca, con 4000 volumi e con arredi lignei ottocenteschi, che oggi è lo studio di rappresentanza del Sindaco di Palermo.
La Galleria dei Re di Sicilia conduce alle due ali della villa. Nell’ala destra vi sono il salotto degli arazzi e la sala da pranzo, decorati nel 1881 dal pittore Giuseppe Cavallaro.
Dalla sala da pranzo, si accede a una delle due terrazze, con pavimento maiolicato a chevron di color bianco e blu e balaustra a colonnine di tufo, con una piccola fontana settecentesca. Le due terrazze si trovano sopra i corpi bassi del vecchio baglio.
Nell’ala di sinistra troviamo il salotto di S. Rosalia, con al soffitto delle decorazioni a fresco a trompe-l’oeil che culminano nell’Apoteosi di S.Rosalia. Alle pareti sono collocate consolles del’700 e divani in legno intagliato e un tavolo con al centro un vaso giapponese. Si accede, quindi, al salone delle Quattro Stagioni con pavimenti maiolicati, pareti e soffitto decorati da altri affreschi a trompe-l’oeil. Sulla parete di fondo è l’affresco con Carlomagno che riceve lo stemma di casa Valguarnera da un nobile del casato; nel soffitto è il Trionfo dell’Immacolata attribuibile a Gaspare Fumagalli. Pregevole è il pavimento a rabeschi colorati su fondo bianco di maiolica siciliana. 
Affresco con Carlomagno
Da questa sala si entra nell’altra terrazza sul fronte.
Segue la sala da ballo o Sala Verde, dal colore delle originarie tappezzerie; la sala è affrescata con un grande dipinto raffigurante “La moltiplicazione dei pani”. Inoltre, sono presenti alcuni arredi settecenteschi come specchi, nature morte e un camino in marmo verde. Continuando, troviamo lo studiolo del principe, la camera da pranzo privata e le varie camere da letto, con arredi dell’Ottocento.
Il secondo piano comprende due appartamenti e la nursery ed ha due sale semplici. Dal 1987 accoglie gli uffici di Rappresentanza del Comune di Palermo.

martedì 24 luglio 2012

Chiesa e convento di S.Anna la Misericordia


La chiesa
La Chiesa di Sant’Anna sorge nell’omonima piazza, in quella antica contrada di Palermo denominata la Guzzetta e, successivamente, Piano della Misericordia.
Verso la fine del XVI secolo, i padri del Terzo Ordine  di S.Francesco  acquisirono l’adiacente Palazzo Bonet che decisero di ampliare, incorporandolo in un nuovo convento. Inoltre, trasformarono un’antica cappella già esistente in una chiesa dedicata a Santa Maria della Misericordia sul cui altare maggiore posero l’immagine della miracolosa Madonna della Pietà (1470). Quindi, grazie ad elemosine e contributi da parte di illustri palermitani dell’epoca ed alla generosità del Senato della città, decisero di realizzare un tempio più grande, realizzato secondo forme tardo rinascimentali.
Il progetto originale fu affidato all’architetto del Senato Mariano Smiriglio il quale incorporò nel transetto la chiesetta originaria. I lavori iniziarono nel 1606 e durarono più di trenta anni anche perché le fondamenta poggiavano su di un suolo fangoso e privo di roccia in quanto originariamente in quel sito c’era un’ansa del torrente Kemonia.

Con costi aggiuntivi si riempì il suolo di grossi massi per migliorare la stabilità dell’edificio anche se ciò non risolse del tutto i problemi.

La chiesa fu terminata nel 1632 e dedicata a Santa Maria della Misericordia anche se fu sempre chiamata Sant’Anna in onore della santa che il Senato palermitano, nel 1639, avrebbe proclamato copatrona della città

A causa della precarietà delle sue fondamenta, la chiesa subì, nel corso dei secoli, una serie di eventi che la danneggiarono e ne cambiarono profondamente l’aspetto. In particolare, a seguito del terremoto del 1726, l’austera facciata tardo rinascimentale subì notevoli danni per cui si decise di costruirne una nuova, su tre ordini, i cui lavori vennero affidati all’architetto trapanese, Giovanni Biagio Amico.
Quasi un secolo dopo, nel 1823, un ulteriore terremoto fece crollare il terzo ordine della facciata che assunse, così, l’aspetto attuale.
Le disgrazie però non finirono qui: il 1° marzo del 1943 la facciata della chiesa venne scalfita dalle schegge di una bomba caduta nella piazza e, infine, il 6 settembre 2002 un ennesimo sisma ha costretto la chiesa ad una lunga chiusura per restauro.
La facciata
Come già detto, la facciata originaria, più austera, fu sostituita da quella attuale che, fu  realizzata su tre ordini ma, a causa del terremoto del 1823, il terzo crollò. 
Malgrado ciò il suo aspetto è tra i più scenografici del barocco palermitano, grazie alle sue forme sinuose che ricordano le Cattedrali di S. Giorgio, a Ragusa e Modica, secondo i dettami del Barocco romano del Borromini. Quello che la caratterizza è l’effetto di chiaroscuro dato dall’alternarsi delle colonne e delle nicchie, con le statue che la adornano.
San.Gioacchino
Partendo dal basso, nel primo ordine, si riconoscono le statue di San Giuseppe, S.Elisabetta, S.Anna, San.Gioacchino; nel secondo ordine vi sono le statue di S.Antonio da Padova e di S. Ludovico. Tali opere  furono realizzate dagli artisti Giacomo Pennino, Gioacchino Vitagliano e Lorenzo Marabitti su disegno di Giacomo Serpotta. Di particolare riguardo è  l’altorilievo posto sul portale principale raffigurante "La pietà" di Lorenzo Marabitti.

La pietà
L’interno
E’ a tre navate, separate da colonne in marmo grigio con archi a tutto sesto, e si conclude con un ampio presbiterio rettangolare. Era stata prevista una cupola mai realizzata a causa dei già detti  problemi di staticità; al suo posto si trova adesso un soffitto ligneo decorato a trompe-l’oeil che simula la cupola,
Le navate laterali presentano cappelle coperte,  da  cupolette con lanternino.
Le pareti ed il soffitto furono ricoperti, all’inizio del ‘700, da una “decorazione a fresco” quasi del tutto scomparsa dopo il terremoto del 1823.
Resta quella del transetto, con l’Ascensione, di Vito d’Anna, a sinistra, e L’Assunzione della Vergine di Filippo Tancredi, a destra. I grandi pilastri che si trovano davanti al presbiterio sono interamente decorati in oro con medaglioni che imitano lo stucco. La volta del presbiterio è affrescata e, sul suo sfondo, si trova un organo del XVII secolo.
Sopra i due altari del transetto (dove era la chiesetta originaria) troviamo:
- a sinistra “Madonna della Pietà” (1470) affresco attribuito a Tommaso de Vigilia
Madonna della Pietà
- a destra “Immacolata Concezione” di Geronimo Gerardi (1612-1666) (pittore fiammingo)

Immacolata Concezione
A sinistra dell’Altare Maggiore troviamo la Cappella della “Pietà” con un Crocifisso ligneo su croce di tartaruga posto al centro di marmi policromi a forma di sipario sollevato da putti.

Nella navata di destra ricordiamo:
- la prima cappella, con la statua della Madonna di Sant’Anna con Maria bambina, portata in processione per le strade del quartiere
- la seconda, con decorazioni in marmo; sull’altare la “Vergine che appare a S.Diego” di Filippo Tancredi (1704)
- la terza, con, al centro la “Sacra Famiglia” con Sant’Anna e S.Gioacchino di Melchiorre Barresi (1596) e, ai lati, “S.Anna e la Vergine” e “L’annunciazione  di S.Anna” di Elia Interguglielmi (1767)
- la quarta, con la tela seicentesca di anonimo, raffigurante S.Rosalia che prega sulla città
- la quinta, ha una tela, attualmente in restauro, di E.Interguglielmi “S.Nicola in Gloria (1767).
Nella navata di sinistra troviamo:
- la prima cappella, con affreschi di Filippo Tancredi che raffigurano “La Madonna e S.Simone Stock”
- la seconda cappella, dedicata a S.Gioacchino, ricoperta di marmi, con un grande stemma sorretto da puttini, posto sopra l’altare
-la terza cappella accoglie la statua lignea di S.Giuseppe, eseguita da Baldassarre Pampillonia all’inizio del XVIII secolo
- la quarta cappella, dedicata a S.Francesco, decorata con affreschi settecenteschi raffiguranti “S.Elisabetta d’Ungheria” e “S.Luigi di Francia
- la quinta cappella con una statua di “S.Antonio da Padova” ed affreschi anonimi
Inoltre, nella seconda colonna a sinistra, un  pulpito ligneo scolpito da Giacomo Pianelli  (1740)
e, sulle pareti di fondo, sopra le porte laterali d’accesso alla chiesa, due tele del XVII secolo attribuite a Leonardo Bazzano: a destra “S.Francesco con Santa Elisabetta” e a sinistra il “Beato Guglielmo di Scicli” . 

Il convento
Adiacente alla chiesa, il Convento fu costruito, per i padri del Terzo Ordine Francescano, tra il 1606 e il 1648 attorno ad un grandioso portico rinascimentale. Si accede al convento tramite un portale esterno che immette nello scalone.
Portico
Nell’area del convento sorgeva, alla fine del XIII secolo il Palazzo di Saint-Rémy  abitato dal prefetto del re Carlo D’Angiò, Giovanni di Saint-Rémy. Quando i palermitani insorsero contro l’oppressione angioina nel 1282, il palazzo fu assalito dai rivoltosi e più di 2000 francesi furono massacrati. Il Saint-Rémy, fuggì e si  rifugiò nel Castello di Caccamo dove però i caccamesi lo catturarono e giustiziarono.


Nella stessa area, tra il 1488 e i primi del ‘500, fu costruito il palazzo di Gaspare Bonet, mercante di origine catalane, di cui resta la parte sud-orientale con la torre. L’edificio, nella seconda metà del ‘600, fu annesso al Convento ed adattato alle esigenze dei padri Francescani.
Nel 1872, con la soppressione degli ordini religiosi, chiesa e convento vennero requisiti e consegnati al Municipio di Palermo che li destinò a vari usi:: fu sede delle Guardie daziarie municipali e poi, dopo il 1878, del Liceo Ginnasio Umberto I.    
Solo nel 1930, il Convento fu restituito ai frati che ne occuparono una parte e ripresero a dire messa nella Chiesa che, per anni, era stata destinata a “granaio municipale”.
Le recenti opere di restauro condotte dalla Soprintendenza ai Beni Culturali, hanno consentito di poter destinare buona parte dei locali del convento alla Galleria d’Arte Moderna, restituendolo così pienamente alla fruizione della cittadinanza.

Splendori e miserie del Piano della Marina

Nel X secolo il Piano della Marina rappresentava il confine settentrionale dell’area in cui si era sviluppata la cittadella islamica della Kalsa.
Su questa sorta di promontorio, battuto dal mare, venne edificato, a partire dal 1307, palazzo Chiaramonte Steri, ancora oggi l’emblema di questo sito.


Tra il XIV e il XVI secolo la piazza vide sorgere diversi palazzi signorili. Essa rappresentava il collegamento con il mare, attraverso le antiche vie Bottai e Parlamento in un momento in cui la città ha un ruolo mercantile ed economico rilevante con il resto della penisola. Ad essa si accedeva anche dalla Porta della Dogana, sita nei pressi della chiesa di S.Maria della Catena.


Agli inizi del 600’ l’insediamento all’interno dello Steri del Sant’Uffizio, che diviene sede del Tribunale dell’Inquisizione, trasformò l’aspetto del Piano della Marina: al centro di esso ebbero luogo esecuzioni capitali, giostre, tornei e feste.

Con la fine dell’Inquisizione spagnola di fatto la Piazza venne abbandonata al suo lento degrado. Nuovi splendori l’attendevano soltanto nella seconda metà del XIX sec.

Dopo l’unità d’Italia cambia la toponomastica della piazza.
Prendiamo la via IV Aprile. Questa via si chiamava in origine via Palagonia dal nome del palazzo dei principi Gravina di Palagonia, ed ancor prima veniva denominato la strada della Gancia in quanto congiungeva il Piano della Marina con il convento e la chiesa della Gancia dei Francescani.
A seguito della rivolta antiborbonica del 4 aprile 1860, dopo l’uccisione dell’idraulico Francesco Riso capo dei rivoltosi e la successiva rocambolesca fuga dei due superstiti dalla cripta del convento della Gancia, e il successivo arrivo di Garibaldi a Palermo il 27 maggio 1860, la via cambia denominazione proprio in ricordo di tali avvenimenti.

Palermo postunitaria è una città alla ricerca di nuovi spazi da dedicare alle attività economico-mercantili emergenti.

Inoltre i bombardamenti borbonici e la miseria in cui versavano i ceti popolari avevano reso necessario interventi di ricostruzione e abbellimento di piazze e interi quartieri devastati. Piazza Marina, in particolare, era diventata, insieme con Piazza Pretoria, luogo di mendicanti e “Corte dei Miracoli”.
Le aspettative da parte dei palermitani nella nuova amministrazione sabauda andarono in buona parte deluse: il popolo, nelle sue aspirazioni di giustizia e libertà, si ritrovò ad essere ulteriormente vessato dall’introduzione di nuove tasse e soprattutto dall’odiata leva obbligatoria. La borghesia e l’aristocrazia attendevano da Vittorio Emanuele II uno statuto autonomo che mai fu concesso; al contrario lo stato divenne sempre più centralizzato.
Il municipio di Palermo avvia i lavori di restauro della città. Giovanni Battista Filippo Basile, in particolare, viene incaricato di rinnovare il Piano della Marina. Ciò si attua con il restauro di numerosi edifici e soprattutto con l’impianto di un giardino al centro, imitando in tal modo le “Square” europee. Il giardino sarà inaugurato nel 1864 e dedicato, insieme al successivo nuovo Teatro Politeama, all’eroe del Risorgimento Giuseppe Garibaldi.
Nella villa infatti furono collocate, in tempi diversi, statue di alcuni garibaldini famosi.
Così via Toledo diventa Corso Vittorio Emanuele II, il Foro Borbonico diventa il Foro Umbero I ed altre vie, meno vicine alla piazza, ricordano i più recenti avvenimenti storici come via Garibaldi, viale dei Picciotti, corso dei Mille.


Il Piano della Marina, proprio per la sua posizione urbanistica, diventa non solo mèta dei palermitani per la passeggiata nel magnifico Giardino Garibaldi e un sorbetto all’elegante caffè Oreto ( nei pressi della fontana del Garaffo), ma anche luogo legato alle attività economiche e mercantili della nuova ricca borghesia locale e straniera, quest’ultima, soprattutto, di origine inglese, presente in Sicilia già dall’inizio del secolo XIX.
Molti edifici si trasformano in hotel come l’hotel de France rimasto tristemente famoso perché nei suoi pressi venne ucciso il poliziotto italo-americano Joe Petrosino.
Le sorti della piazza tuttavia cambieranno ancora. La crisi della borghesia imprenditoriale siciliana (i Florio ecc), i bombardamenti del 1943, riporteranno Piazza Marina in uno stato di degrado ed abbandono. Soltanto a partire dagli anni ottanta per la piazza comincerà una nuova rinascita con la ristrutturazione degli edifici e la trasformazione economica legata soprattutto al turismo e alla ristorazione. 

Le Théâtre Politeama Garibaldi


C’est le premier des grands théâtres réalisés à Palerme dans la deuxième moitié du XIXe siècle, au cours du réaménagement urbain de la ville. Projeté par Giuseppe Damiani Almeyda en 1867, il fut achevé en 1891. Il dominait la place qui deviendra le cœur de la ville moderne. 
Déjà en 1860, sur l’initiative de Giulio Benso, duc de la Verdura, premier maire de Palerme, on prévoyait un nouveau centre urbain, de la rue Maqueda vers l’ouest, avec l’expansion le long de la Nuova Strada della Libertà,; et sur cet axe, la naissance de trois théâtres : le théâtre Massimo, l’Amphithéâtre Mangano, réalisé en 1889, et le théâtre Politeama.
Pendant les phases préparatoires de la réalisation du Théâtre Massimo, la Mairie chargea Giuseppe Damiani Almeyda, jeune ingénieur civil, de faire le plan, sur la place Roger Settimo, d’un « politeama » (théâtre destiné à des spectacles de genres différents), théâtre populaire de jour.
L’initiative fut proposée même pour réagir au climat de crise économico-sociale crée après les épidémies de choléra de 1866-67. Le théâtre devait abriter des exhibitions de gymnastes et acrobates des cirques forains, des opérettes, des pièces comiques et dramatiques, des fêtes et des bals et, en plus, des spectacles lyriques, en attendant la définition du théâtre Massimo. L’on commençait, ainsi, l’édification simultanée de deux théâtres : l’un – le théâtre Massimo – temple aristocratique de la lyrique ; l’autre – le théâtre Politeama – au caractère populaire, qui exaltait la fonction sociale du théâtre.
En 1874 le théâtre, encore en plein air, fut inauguré avec Les Capulet et les Montaigu de Vincenzo Bellini . En 1874 la Fonderie Oretea réalisa la couverture métallique, une œuvre d’une grande hardiesse pour cette époque-là. En 1882 il fut dédié à Giuseppe Garibaldi, après sa mort. Mais l’ouverture officielle eut lieu en 1891, pour l’inauguration de l’Exposition Nationale: un gala exceptionnel, à la présence du roi Humbert et de la reine Marguerite.
Pendant l’Exposition Nationale de 1891-92, il joua un rôle important avec des manifestations et des spectacles. A cette occasion l’on construit aussi une série de pavillons «éphémères» à l’intérieur du soi-disant Firriato di Villafranca (orangeraie des Radaly), qui s’étendait entre la rue Libertà et les rues Dante, XX Settembre, Garzilli, Villafranca et la place Croci actuelle, et qui constituera, tout de suite après, le lieu du nouveau quartier résidentiel de la ville.
Dans le Théâtre Politeama, Damiani Almeyda reprend le style de l’amphithéâtre romain à arcades, en rotonde, avec une cavea en plein air. Bâti dans de brefs délais avec des matériaux pauvres à cause des conditions économiques difficiles, le théâtre Politeama fut le fruit d’une attention particulière vers l’hellénisme et l’architecture polychrome grecque et romaine, analysée et étudiée en Sicile, à Sélinonte et Agrigente.

Le théâtre a un plan circulaire, marqué à l’extérieur d’un double porche avec des colonnes d’ordre ionique et corinthien, avec des figures surmontées par une frise reproduisant les jeux du cirque sur un fond rouge.

L’entrée monumentale a la forme d’un arc de triomphe, entouré de deux  candélabres en bronze ; sur le sommet, le Quadrige d’Apollon en bronze de Mario Rutelli, entouré de deux paires de chevaux et chevaliers de Benedetto Civiletti.

Précédée d’un vaste foyer, avec la Danseuse voilée d’Amleto Cataldi, la salle est en forme de «fer à cheval», avec deux ordres de loges et deux caveas en gradins, aujourd’hui praticable par 950 personnes. C’est là qui se détache un revêtement chromatique vif et décoratif d’inspiration pompéienne, fermé dans la frise de couronnement de la voûte avec des fresques de Gustavo Mancinelli, représentant Les Eleuthéries.

Le plafond a la forme d’un rideau, d’un azur délicat. La galerie supérieure est rythmée par des colonnes en fonte surmontées par une série de lunettes peintes ; tandis qu’une vaste galerie munie de colonnes  - avec au milieu le buste en bronze de Garibaldi – délimite le mur sur l’ouverture de scène.

Siège de l’Orchestra Sinfonica Siciliana de la ville, le Théâtre Politeama Garibaldi abrite aujourd’hui une saison de concerts appréciée.

Source : /www.comune.palermo.it/



Il teatro Politeama Garibaldi


E’ il primo dei grandi teatri realizzati a Palermo nella seconda metà del XIX secolo, durante il riassetto della città. Progettato da Giuseppe Damiani Almeyda nel 1867, fu concluso nel 1891. Dominava la piazza che diventerà il cuore della città moderna.
Già nel 1860, su iniziativa di Giulio Benso, duca Della Verdura, primo sindaco di Palermo, si prevedeva un nuovo centro urbano, dalla via Maqueda verso ovest, con l’espansione lungo la Nuova Strada della Libertà; e, su questo asse, la nascita di tre teatri: il teatro Massimo, l’anfiteatro Mangano, realizzato nel 1889, e il teatro Politeama.
Durante le fasi preparatorie della realizzazione del Teatro Massimo, il sindaco incaricò Giuseppe Damiani Almeyda, giovane ingegnere civile, di fare il progetto, sulla Piazza Ruggero Settimo, di un ‘politeama’ (teatro destinato a spettacoli di genere diverso), teatro popolare diurno.

L’iniziativa fu proposta anche per reagire al clima di crisi economico-civile creatasi dopo le epidemie di colera del 1866-67. Il teatro doveva accogliere delle esibizioni di ginnasti e acrobati dei circhi, delle operette, delle opere comiche e drammatiche, feste e balli e, in più, spettacoli lirici, in attesa della definizione del teatro Massimo. Cominciava così la costruzione simultanea di due teatri: l’uno – il teatro Massimo – tempio aristocratico della lirica; l’altro – il teatro Politeama – dal carattere popolare, che esaltava la funzione sociale del teatro.

Nel 1874 il teatro, ancora all’aperto, fu inaugurato con ‘I Capuleti e i Montecchi’ di Vincenzo Bellini. Nel 1874 la Fonderia Oretea realizzò la copertura metallica, opera molto ardita per l’epoca. Nel 1882 fu dedicato a Giuseppe Garibaldi, dopo la sua morte. L’apertura ufficiale tuttavia, ebbe luogo nel 1891, per l’inaugurazione dell’Esposizione Nazionale: un gala eccezionale alla presenza del re Umberto I e della regina Margherita.

Durante l’Esposizione Nazionale del 1891-92, ebbe un ruolo importante con manifestazioni e spettacoli. 
Con l’occasione furono anche costruiti una serie di padiglioni effimeri, all’interno del cosiddetto ‘Firriato di Villafranca’ (agrumeto dei Radaly) che si estendeva tra la via Libertà e le vie Dante, XX Settembre, Garzilli, Villafranca e la piazza Croci attuale, e che costituirà, subito dopo, il luogo del nuovo quartiere residenziale della città.

Nel teatro politeama, Damiani Almeyda riprende lo stile dell’anfiteatro romano a arcate, a pianta circolare, con una cavea all’aperto. Costruito in tempi brevi con materiali poveri a causa delle condizioni economiche difficili, il teatro Politeama fu il frutto di un’attenzione particolare verso l’ellenismo e l’architettura policroma greca e romana, analizzata e studiata anche in Sicilia, a Selinunte ed Agrigento.

Il teatro ha una pianta circolare, segnato all’esterno da un doppio portico con colonne di ordine dorico e ionico, con figure sovrastate da un fregio che riproduce giochi di circo su uno sfondo rosso.
L’entrata monumentale ha la forma di un arco di trionfo, circondato da due candelabri in bronzo; sulla sommità, la Quadriga di Apollo in bronzo di Mario Rutelli, con ai lati due paia di cavalli e cavalieri di Benedetto Civiletti.

Preceduta da un vasto foyer, con la ‘Danzatrice Velata’ di Amleto Castaldi, la sala è a forma di ferro di cavallo, con due ordini di palchi e due cavee a gradini, oggi praticabile da 950 spettatori. Qui spicca un rivestimento cromatico, vivo e decorativo di ispirazione pompeiana, chiuso dal fregio di coronamento della volta con affreschi gi Gustavo Mancinelli, che rappresentano le ‘Eleuterie’.

Il soffitto ha la forma di un sipario, di un azzurro delicato. La galleria superiore è ritmata con colonne di ghisa sovrastate da una serie di lunette dipinte; mentre una vasta galleria munita di colonne – con al centro il busto in bronzo di Garibaldi – delimita il muro sull’apertura della scena.
Sede dell’Orchestra Sinfonica Siciliana della città, il Teatro Politeama Garibaldi ospita oggi una stagione di concerti apprezzata.

Fonte : /www.comune.palermo.it/